Nel 1912, sulle pagine di "Lacerba", compare il "manifesto tecnico della letteratura futurista", con cui Marinetti definisce le nuove regole del testo letterario. Egli ritiene che la sintassi e la punteggiatura vadano distrutte, facilitando la comunicazione grazie ai metodi delle "parole in libertà", componendo la frase con l'ordine secondo cui nascono le idee, e dell'immaginazione senza fili, ricercando continue analogie.
Queste operazioni dovevano servire a rappresentare in maniera più efficace il turbinio della vita moderna e il reale moto dell'animo e del pensiero. I futuristi, nella stampa delle loro opere, usarono diversi tipi di inchiostro e di caratteri.
Sotto l'aspetto della poetica, il futurismo può inquadrarsi nell'ambito del Decadentismo, trovando vari punti in comune con i simbolisti francesi, come il tema dell'irrazionalismo e il culto della morte. Nel pensiero futurista sono significativi anche i debiti verso filosofi come Nietzsche, teorizzatore del superuomo cinico, audace ed artefice del proprio e dell'altrui destino, e Bergson, che vede l'universo creato da una suprema energia in perenne evoluzione.
Ma il futurismo, pur riconoscendo i meriti dell'Ottocento, si propone come unica avanguardia in grado di agire in maniera determinante sulla nazione. Infatti, molte avanguardie sorte in sua opposizione, come l'ermetismo e il dadaismo, devono molto a questo movimento soprattutto per aver compiuto un'operazione di rinnovamento necessaria per superare il pedante tradizionalismo.